Cosa pensiamo quando compare un sintomo?

NB: per comprendere questi articoli è necessaria una conoscenza di base delle leggi biologiche e degli studi di Hamer. Per approfondire vedi la pagina sopra.

Secondo articolo sul tema dell’auto-guarigione. Vorrei qui proporre alcune riflessioni riguardanti l’interpretazione dei sintomi che ci possono capitare: dolori, malesseri, alterazioni cutanee o gonfiori vari. La domanda centrale è: quali sono i nostri pensieri quando, nella nostra vita più o meno “sana”, sopraggiungono questi sintomi? Anche qui, ovviamente, le scoperte di Hamer portano una vera e propria rivoluzione. Per comprenderne appieno la rilevanza, proviamo ad analizzare due differenti scenari. Nel primo scenario la persona-tipo non conosce Hamer, ed è ancora convinta dell’esattezza di tutte le ipotesi della Medicina Ufficiale. Nel secondo scenario la persona-tipo conosce invece Hamer.

Partiamo dal primo caso. Cosa succedeva normalmente, prima di Hamer, nel momento in cui avvertivamo un qualsiasi sintomo “anomalo” nel nostro corpo? Finchè si trattava di malesseri o dolori passeggeri, di piccola durata o entità, di solito non ci davamo troppo peso, considerandoli normali. Anche se ci capitava qualche giorno in cui ci sentivamo stanchi, o poco affamati, o febbricitanti con tosse e raffreddore, di solito liquidavamo il tutto con “mi son preso quel malanno o quel virus”, pigliavamo qualche aspirina o qualche altra medicina di moda in quel momento, e dopo qualche giorno ci sentivamo di nuovo bene.

Non sempre però le cose filavano così lisce. A volte il periodo di stanchezza durava più del previsto, oppure la febbre era “troppo” alta, o i dolori “troppo” forti, o quel gonfiore apparso era diventato “troppo” grande e brutto. In quei casi scattava qualcosa in noi, che ci insinuava che quei disagi non si sarebbero “risolti da soli” come i piccoli malanni, e che al contrario, se non si interveniva subito chiamando il medico, i sintomi sarebbero stati sempre peggiori. A quel punto eravamo convinti di avere una mal-attia, ovvero che un qualche tipo di male si era insinuato in noi. E il maligno, si sa, se viene lasciato agire indisturbato, porta alle più turpi conseguenze. Solo seguendo i consigli dell’esperto/esorcista (il medico) avremmo potuto estirparlo, e tornare sani. Altrimenti, il male si sarebbe sicuramente in qualche modo propagato, portandoci a dolori e disagi sempre più forti, perdite funzionali sempre più ingenti, e infine alla morte. In misura maggiore o minore, eravamo tutti convinti di questo.

Cosa succede invece se conosciamo Hamer? Cosa pensiamo nel momento in cui rileviamo un sintomo importante?

La prima domanda che possiamo porci è: siamo forse in conflitto attivo? Perchè in quel caso la priorità dovrebbe essere quella di risolvere il conflitto. Ora, è vero che esistono alcuni dolori e disagi che possono capitare nella fase di conflitto attivo. Ne sono un esempio l’ulcera gastrica, o determinate variazioni del tasso di glicemia. Anche in questi casi eccezionali, tuttavia, difficilmente ci dichiariamo “malati”, perchè nel complesso siamo attivi, anche se magari stressati. Quindi, specialmente in questa società in cui attività sembra diventato sinonimo di benessere e salute, sopportiamo di solito questi piccoli disagi e dolori della fase CA, non considerandoli quasi mai sintomo di mal-attia.

La maggior parte dei sintomi (dolori e malesseri) cominciano a partire dalla conflittolisi, ovvero fanno parte della fase di riparazione. Nella fase PCL-A possono in effetti arrivare, gradualmente, dolori anche intensi, e malesseri di vario tipo. Questa fase, se molto intensa e di lunga durata (più di qualche giorno), ci faceva sempre concludere, prima di Hamer, che eravamo preda di una qualche mal-attia. Se non facevamo niente per contrastarla, eravamo convinti che sarebbe sempre peggiorata. Se invece conosciamo Hamer, il primo pensiero che dovrebbe venirci in mente è: “Bene, vuol dire che ho risolto il conflitto, ora devo solo accompagnare al meglio la fase di riparazione, evitando recidive”. In queste prime fasi, è importante non accanirsi nel voler comprendere ogni aspetto del programma (o dei programmi…) SBS in atto. Non si deve pensare “se capisco tutto allora Hamer ha ragione, altrimenti ha torto”, perchè anche se si ha una conoscenza approfondita della sua medicina a volte, quando stiamo male, non siamo sufficientemente lucidi per capire ogni aspetto di ciò che ci sta succedendo. Spesso bisogna avere un po’ di pazienza, e quando staremo meglio tutto diverrà chiaro.

E’ importante, durante qualsiasi fase di riparazione, seguire il diktat della natura che ci impone in tutti i modi di restare a casa, ovvero passare la fase PCL in un luogo in cui ci sentiamo protetti e accuditi. In questo modo si evita il conflitto del profugo, che porta, se attivato in questa fase, a sgraditissime conseguenze (dolori più forti, gonfiori più ingenti, malesseri più debilitanti). E’ importante anche, ovviamente, evitare per quanto possibile eventuali recidive. Se infatti continuiamo a recidivare un conflitto mentre è nella fase PCL-A impediamo la corretta conclusione del programma SBS, e di fatto rendiamo in una certa misura “cronico” il nostro disagio.

Quando siamo doloranti nella fase PCL-A, in quei giorni in cui abbiamo la sensazione di “non migliorare”, ci può essere utile pensare ad un fatto: decine di migliaia di osservazioni, effettuate sia da Hamer che da chi in questi decenni ha applicato la sua medicina, hanno fatto concludere che la durata massima della fase PCL-A è di 21 giorni (in assenza, ovviamente, di recidive). E’ come se la Natura avesse posto un ben preciso limite temporale alla fase più sintomatica, e quindi difficile, del programma SBS. La Natura non vuole che gli esseri viventi stiano male troppo a lungo. Anche la febbre, spesso presente in questa fase, ha il significato di velocizzare i processi di riparazione, in modo da rimetterci in forma il più in fretta possibile. Teniamo poi presente che 21 giorni è il limite massimo previsto dalla Natura, per conflitti di gravissima entità e di lunghissima durata nel tempo. Normalmente, la fase PCL-A, quella in cui ci sentiamo “sconfortati” e non notiamo alcun miglioramento, non dura più di 6/7 giorni.

Parliamo ora di un tema secondo me molto importante, la percezione del dolore. Prima di Hamer, il dolore era sempre interpretato come un segnale che qualcosa, nel nostro corpo, non andava. Quando appariva, quindi, la nostra reazione era subito di rifiuto, di fastidio e di preoccupazione. Credo proprio che già questa usuale reazione, che tutti avevamo, rendeva il dolore più intenso. E’ come se già qui partisse un primo, ancestrale conflitto del profugo: visto che mi è arrivata questa maledizione incomprensibile per me, mi sento ancora più solo nell’Universo. Mi rendo conto che sono staccato dal mio corpo, dalle leggi della Natura, e anche dal Creatore. Difficile stimare l’entità di questo primo conflitto ancestrale del profugo, potrebbe anche essere molto ingente. In effetti osservando gli animali nel loro habitat, i quali ovviamente non patiscono questo conflitto di “distacco dalla natura”, non sembrano patire praticamente mai forti dolori per lungo tempo.

Conoscendo Hamer via via questo primo conflitto del profugo si può attenuare. Ed avendo l’accortezza di restare “a casa” quando siamo in fase PCL, anche l’usuale conflitto del profugo sarà il più ridotto possibile. Rimane un po’ di dolore, ok. Ma continuamente possiamo pensare: che cos’è questo dolore? Cosa mi sta comunicando il corpo? Bene, possiamo pensare, ho capito il messaggio. Su quella gamba, in questo momento, è meglio che non cammino troppo, su quel dente è meglio che non mastico forte, in quella pancia è meglio se non faccio entrare una peperonata, e così via… Pensando così, dimostrando al corpo di aver capito il perchè del dolore, lo si può attenuare ancora un pochino.

Se a quel punto il dolore è accettabile, lo si tiene come buon segnale di riparazione, e ci si dedica ad altro. Se invece dà ancora troppo fastidio, e ci limita magari anche nel dormire, possiamo ricorrere a rimedi e pratiche di vario tipo. Ognuno sceglierà i rimedi e le pratiche che preferisce, in base alle sue credenze e alla sue esperienza personale. Però a questo punto si agisce su un processo (programma SBS) che è realmente ingente e degno di una certa attenzione, non un processo da nulla ingigantito dalle nostre paure e dalle nostre errate credenze. Inoltre l’”agire terapeutico” sarà solo l’ultimo passo di un percorso, non il primo. E non sarà comunque un “andar contro” al processo, ma sempre un accompagnarlo.

Alcuni tessuti non danno dolore nella fase PCL, bensì nella crisi epilettoide (a metà della fase di riparazione). Un esempio classico è l’intima (parete interna) delle arterie coronarie, che dà sporadici dolori in fase CA (angina pectoris), nessun dolore in PCL e forti dolori in CE (infarto coronarico). Anche per i dolori in questa fase CE si possono fare i discorsi precedenti, tenendo conto che qui i dolori sono spesso più intensi, ma di molto minore durata. Per esempio le classiche fitte, se non ingigantite per qualche ragione “psicologica”, durano di norma pochi secondi. Non rifiutare il dolore, non preoccuparsi, non andare in panico, fidarsi dei processi naturali, sono tutti atteggiamenti che aiutano a superare indenni anche le Crisi Epilettoidi.

Mutatis mutandis, discorso per molti versi simile si può fare per malesseri, alterazioni cutanee o gonfiori vari. In pratica, per ogni sintomo fisico.

Si potrebbe poi estendere il discorso anche ai sintomi psichici. Per esempio, se io ho un periodo in cui mi sento un po’ depresso (malessere psichico), però ne ho capito anche il motivo biologico, probabilmente accetterò più facilmente quella depressione, che so essere passeggera, e che si risolverà quando la situazione della mia vita cambierà (ritrovo una casa, una identità, un lavoro, ritrovo una ragazza, ritrovo un motivo per vivere, ecc.). Se invece comincio a pensare che sono “malato di depressione”, che devo farmi curare e comincio a prendere medicine, probabilmente mi trascinerò quella depressione per tutta la vita, anche quando la situazione dovesse cambiare e venisse a mancare la motivazione biologica che l’aveva fatta nascere. E se invece mi sento troppo agitato? O in ansia?

Con Hamer, in pratica, abbiamo la possibilità di capire ogni sintomo e quindi di tornare al reale, togliendo tutte le complicazioni e fantasticherie mentali causate da paure e credenze erronee. Il cambio radicale (una vera e propria inversione a U) nell’interpretazione dei sintomi rappresenta un immenso regalo della NMG. Ed è un regalo che non si smette mai di apprezzare. Aveva ragione Jung quando scriveva: “what you resist, persists; what you embrace, dissolves” (ciò a cui resisti, persiste, ciò che abbracci, si dissolve). In tutte le cosiddette “malattie”, se comprendiamo il “male”, lo abbracciamo e lo portiamo a dissolversi. Se invece non lo comprendiamo, lo combattiamo, e in vario modo gli diamo forza.

Questa voce è stata pubblicata in La Nuova Medicina Germanica scoperta dal dottor R.G. Hamer e contrassegnata con , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento